Oggi vi racconteremo delle storie di donne, le vicissitudini di divine creature, bellissime, fatali, colte ed eleganti. Le loro storie sono da sempre intrecciate con la nobiltà e con il clero di Roma. Venivano chiamate Cortigiane, termine che deriva dal significato arcaico dama di corte.
Nel corso della storia le cortigiane hanno architettato giochi di potere, vissuto passioni travolgenti, forse somministrato pozioni velenose e sicuramente influenzato la politica e l’arte.
Si muovevano seducenti ed eleganti, in un mondo fatto di soli uomini precluso alle donne, ma grazie alla loro bellezza e capacità di seduzione, legate a cultura e fascino, sono state in grado di determinare il proprio destino e quello di uomini potenti, diventando a loro volta potenti e ricchissime.
Nella Roma rinascimentale la popolazione era prevalentemente maschile, composta da ecclesiasti, banchieri, nobili o soldati dell’armata papale. Le donne che esercitavano il mestiere di prostitute, venivano chiamate curiali, perché con l’esercizio delle loro funzioni, mantenevano lo stato di celibato ( ma non di castità), di coloro che aspiravano ad accedere alle alte cariche della Curia. Roma era abitata da maschi costretti alla solitudine, richiesta dai voti ecclesiastici o dalla professione scelta di ambasciatore, banchiere o soldato.
C’erano ovviamente prostitute di basso rango chiamate da “lume di candela” o “camisare”, per via della camicia di colore giallo che indossavano. Vivevano in condizioni misere nei pressi di Campo de Fiori, del Mausoleo di Augusto o in una via dal nome evocativo, vicolo Calabraghe (oggi vicolo Cellini).
Poi c’erano le Cortigiane di alto bordo, chiamate “honeste”. Queste donne, spesso dotate di una bellezza fuori dal comune, avevano una buona cultura, sapevano comporre in versi, suonare strumenti musicali e cantare. Erano loro ad animare i salotti letterari. Bellissime, intelligenti e astute, potevano scegliere i propri clienti, o rifiutare chi non era di loro gradimento. Molte di esse riuscirono ad arricchirsi come o più di un nobile.Da un censimento del 1526 sappiamo che a Roma, su 55.000 abitanti, 4900 erano le prostitute o cortigiane.
Tutto era talmente organizzato, che il Tribunale curiale rilasciava le licenze e riscuoteva le tasse; si perché le prostitute versavano un contributo fisso di 10 carlini in cambio della tutela da parte del governo.
Sappiamo che con i soldi ricavati dalle loro tasse, fu costruito il quartiere di Borgo Pio, furono lastricate Via di Ripetta e via dei Coronari, e furono costruiti alcuni ponti importanti della città come Ponte Sisto.
A differenza delle prostitute di basso rango, che venivano sepolte in terra sconsacrata fuori il Muro Torto, le cortigiane “honeste” venivano sepolte spesso con tutti gli onori del caso, nelle chiese di Roma, come la chiesa di Sant’Agostino. In questo splendido luogo di culto, situato tra Piazza Navona e il Pantheon, le cortigiane assistevano alla messa, sedendo solitamente nei primi banchi, per evitare agli uomini durante la funzione religiosa, di voltarsi a guardarle.
Molte Cortigiane abitavano in dimore principesche, in alcuni quartieri di Roma tra cui il Rione Ponte, Via dei Coronari, Via di Monserrato e Piazza Farnese. Ancora oggi, una piazza nei pressi di Via dei Coronari, è dedicata ad una di queste donne bellissime: Piazza Fiammetta.
Fiammetta De Michaelis fin dalla giovane età frequentò uomini potenti, come il ricchissimo Cardinale Jacopo Ammannati Piccolomini, che alla sua morte la lasciò erede della sua ingente ricchezza dopo un solo anno e mezzo di frequentazione. Tra i suoi amanti anche il Duca Valentino, al secolo Cesare Borgia, potentissimo figlio di Papa Alessandro VI. Fiammetta definita da Sisto IV, “damigella di singolare beltà” fu una delle cortigiane sepolta nella Chiesa di Sant’Agostino. Noi ce la immaginiamo così come gli artisti la dipinsero: dalla morbida bellezza, con i lunghi capelli color tiziano e la pelle di porcellana.
Alcune di loro però non furono così fortunate, Antea, celebre per la sua raffinata eleganza divenne l’amante di Alessandro Farnese (Papa Paolo III), ma fu sfregiata da uno spasimante respinto. La sua raffinata bellezza ci viene tramandata forse da un dipinto del Parmigianino di cui era amante.
Oppure Beatrice Ferrarese, amante di Lorenzo De Medici e probabilmente anche di Raffaello, particolarmente sfortunata, perché violentata e depredata dai Lanzichenecchi, durante il sacco di Roma, che le trasmisero la sifilide e alla fine sfigurata dalla malattia, morì in miseria.
Molte di esse fecero della cultura e dell’eloquio la propria fortuna, come Tullia D’Aragona poetessa e scrittrice, che compose per Cosimo de Medici, il suo sonetto più famoso: “Il dialogo dell’infinità d’amore” del 1547.
Tullia era alta bionda e con gli occhi che incantavano, ma soprattutto era capace di sedurre con la voce e con la sua eloquenza; fu una femminista rinascimentale; credeva nella parità dei sessi e rifiutava la visione Aristotelica dell’inferiorità femminile, proponendo nei suoi sonetti una visione dell’amore dal punto di vista femminile. Fu soprannominata la cortigiana dei poeti e Pietro Aretino la descrisse come una vera regina.
Vi erano poi delle cortigiane che passarono alla storia con un soprannome, come Lucrezia Porzia, conosciuta con il nomignolo di “Matrema non vole”. Iniziò giovanissima e si concedeva solo dopo mille preghiere e regali. Durante un conclave scommise 100 ducati sul nome del nuovo Papa. Inoltre dichiarò che si sarebbe concessa gratis per 3 notti in caso di perdita. Puntò su un cardinale suo amante, ma perse la scommessa.
Altra donna bellissima era Margherita Luti, immortalata da Raffaello nella celebre Fornarina (e probabilmente in molti altri suoi dipinti). Non sappiamo molto di lei, pare fosse la figlia di un fornaio di Trastevere, e che fosse segretamente sposata con il divino Raffaello e alla morte prematura dell’artista, si ritirò in convento.
Altra cortigiana famosa fu Angela Greca conosciuta con il nome di Ortensia Greca, soprannominata la “Grechetta “. Molto probabilmente è lei la donna ritratta da Tiziano nel suo celebre dipinto “Danae“. Fu l’amante di molti uomini potenti e sposò il Conte Ercole Rangone, (un vero scandalo per l’epoca). Lasciò Roma e il marito, saggiamente, prima dell’arrivo dei Lanzichenecchi.
Probabilmente la più famosa fra tutte fu Lucrezia Corgnati passata alla storia con il nome di “Divina Imperia”. Viveva nel lusso e la sua casa sembra fosse una delle più sontuose di Roma; si racconta che l’Ambasciatore di Spagna, in attesa dei favori della donna, avesse necessità di sputare e non trovando nella casa niente di poco prezioso, sputò in faccia al proprio valletto, considerandolo la cosa più indegna nella stanza.
Fu amata e protetta dal potentissimo banchiere senese Agostino Chigi. Viene descritta con i capelli color dell’oro, la fronte alta e spaziosa, il collo lungo. Conobbe Raffaello nel 1508 che la volle come modella per il ritratto di Galatea a Villa Farnesina e di Saffo nell’affresco del Parnaso, nella stanza della Segnatura in Vaticano.
Si innamorò del banchiere Angelo del Bufalo, ma abbandonata si uccise con il veleno. Il suo ex amante Agostino Chigi fece di tutto per salvarla, lo stesso Papa Giulio II inviò i medici del Vaticano, ma Lucrezia morì dopo due giorni di agonia.
A Roma si diceva che la città fosse stata benedetta due volte dagli dei: da Marte che portò l’impero romano e da Venere che portò Imperia.
Alcune cortigianhe diventarono addirittura Concubina Papae, concubine del Papa. Ovviamente stiamo parlando dell’amante di Rodrigo Borgia, diventato in seguito Papa con il nome di Alessandro VI. Vannozza Cattanei, diede 4 figli a Rodrigo: Cesare, Giovanni, Lucrezia e Goffredo, forse non tutti suoi (si vociferava che Cesare Borgia somigliasse troppo al cardinale Giuliano Della Rovere).
Vannozza fu l’amante di Rodrigo per 15 anni, il futuro papa Alessandro VI organizzò per lei i suoi vari matrimoni in modo da poterla rendere una “donna rispettabile”. Quando la relazione finì, a causa della nuova liaison del papa con la bella Giulia Farnese, il pontefice continuò ad occuparsi della vita di Vannozza e dei suoi figli per i quali provava un amore viscerale. Vannozza morì a 76 anni e fu sepolta con tutti gli onori a Santa Maria del Popolo, vicino alla tomba del figlio Giovanni.
Alcune di queste donne fatali e bellissime sono diventate ricchissime, altre sono state le protagoniste di amori passionali e devastanti, altre ancora hanno avuto una triste sorte; quello che è certo è che molte di loro, sono entrate di diritto nella storia e nella storia dell’arte della Roma Rinascimentale.
Quando guardiamo i loro ritratti immortalati dai più grandi pittori dell’epoca, sentiamo ancora il frusciare del raso e del velluto delle loro vesti, il tintinnio dei gioielli tra le lunghe chiome, le perle cucite sulle eleganti scarpette che a passi veloci percorrevano quei vicoli bui e fetidi, per infilarsi nei portoni di palazzi sontuosi ed incontrare i loro amanti, per trascorerre una notte di passione, a volte forse condivisa altre sicuramente meno….
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