Storie semi serie di un gruppo di donne vintage

La pal (L) estra.

La pal (L) estra.

Pubblicato da: Cristiana
Lo sport è bello, ma se io non sono agile e sembro l'ippopotamo rosa di Fantasia?

Come si capisce già dal titolo, non sono un’amante della palestra perché io, lì dentro, mi rompo le scatole. L’ho detto!

Corpo sano in mente sana.

Ah, no, non è così.

Mens sana in corpore sano, mente sana in corpo sano.

Nemmeno le basi!

Inizierò con il dire: “Ai miei tempi…”, ma sembra un po’ troppo agé, vero?

Allora dirò solo che quando ero giovane, no, meglio la prima, dunque… un po’ di anni fa, ecco, diciamo così, ero un’assidua frequentatrice di palestre. Più di una, ma non perché volessi cambiare giro, il vero motivo è che collezionando figuracce a iosa ho pensato fosse meglio sparpagliarle per la città che non concentrarle in un unico punto.

Con il corpo libero tutto bene, tranne i giri di corsa nella palestra che mi facevano quasi svenire. L’aerobica e lo step belli, ma non facevano per me dal momento che mi ritrovavo sempre posizionata nel verso opposto alle altre: loro guardavano lo specchio e io davo loro il mio fondoschiena. Non era per sfregio… proprio non riuscivo a seguire il tempo veloce. Step su e io giù. Di lato a destra e io a sinistra. Inutile. Ascoltavo il ritmo della musica e mi perdevo. Erano più gli sguardi scambiati con l’insegnante attraverso lo specchio che i passi indovinati! Per non parlare del Trx, l’allenamento con i cavi. Ho voluto provare. Sono una temeraria, io. Infatti, mi sono ritrovata accartocciata nei cavi e l’istruttore mi ha dovuta rigirare come un arrosto allo spiedo.

Belle figure, eh?

A dire il vero, però, quella che ho sempre frequentato con estremo piacere, con risultati magnifici, e con dovizia di sacrificio è stata la sala di danza classica.

Foto Joseph Philip, Pexels

Mi è stata negata per anni, troppo lungo da spiegare adesso, ma quando sono finalmente riuscita a frequentarla – dai 12 anni circa – mi sono sentita libera. Bella. Appagata. Oltre ad avere un bel collo del piede naturale, che anche la Celentano (scuola di Amici) avrebbe adorato, ero pure brava. Ecco.

Come dimenticare il piacere infinito del saper riconoscere le note, il punto di partenza e quello di arrivo; del ricordare la sequenza della coreografia; dell’applicare la tecnica giusta per eseguire movimenti leggiadri, eh sì, strano a dirsi ma una volta sono stata leggiadra anche io.

Foto web

Adesso, in tutù, potrei solo imitare l’ippopotamo rosa del film Fantasia e la Celentano mi tratterebbe come un sacco di patate giunto in sala per caso.

Dopo qualche anno, circa sei di sudore e fatica e luce negli occhi, ho smesso. Per un ragazzo. Per lo studio. Non lo ricordo più, o meglio, lo ricordo ma non lo dico in questa sede, magari in un altro racconto.

Ed è vero il detto: ogni lasciata è persa, perché da quella volta tutte le palestre frequentate – tipo toccata e fuga – non hanno mai più avuto lo stesso sapore, odore, colore, energia.

Non hanno mai generato in me quella sana voglia di andare, nonostante tutto. Nonostante la fatica, la mancanza di docce e di armadietti personali. Ricordo ancora il microscopico spogliatoio in comune con tutte le borse lasciate sulle panche e le scarpette rosa appese.

Foto Budgeron Bach, Pexels

Dunque, prima di iniziare a piangere, torniamo al punto: la palestra è un sogno che, per me, rimarrà tale. Anche perché proprio sogno non lo è mai stato. Niente più danza, per il momento, e di conseguenza palestre a mesi – anni è meglio – alterni. Ho tutto, che non si dica il contrario: scarpe, tuta (più di una), maglie (più di una), ma continua a mancare la materia prima, la voglia di andare. L’energia. Lo sprint.

Ci ho provato veramente, lo giuro, ma quando mi sono ritrovata in mezzo a persone che si guardavano più allo specchio per sistemare il pantalone a vita bassa che non per eseguire l’esercizio in maniera corretta; vestite come per uscire la sera, a seconda che ci fosse un istruttore più o meno carino; a parlare solo di uomini stronzi e sì, la dico tutta… ad asciugarsi i peli pubici con il phon, be’, ho lasciato perdere. Si era già capito, no!

La palestra non fa per me. Almeno, non questo tipo di attività motoria.

Io preferisco cercare di lavorare veramente su me stessa e ridere quando lo faccio male. E rido tanto, ve lo posso assicurare.

Agilità è il mio secondo nome!

Lo sapete cosa farebbe per me? Almeno per riprendermi dall’incubo palestra e rifarmi gli occhi?

foto dal web

Ballare con Bolle!

Eh, lo so. Lui non ballerebbe mai con me, soprattutto dopo la visione dell’ippopotamo rosa, ma questo è il sogno, no?

Questa è la mia speranza, infatti l’ho scritto in verde.

La sfida, la meraviglia del desiderio…

Scusate, ho divagato.

Per tornare a me, da poco più di un anno mi sono iscritta a un corso meraviglioso di gyrotonic che mi aiuta sia fisicamente che psicologicamente. Come? Si avvicina molto, moltissimo, alla danza. E mi sento io.

No, non proprio io, perché quando mi guardo allo specchio quella che vedo contorcersi allegramente è la versione adulta e smollacciata della dodicenne spensierata, ma tant’è, ora ho questa versione e me la tengo.

Così com’è.

Se non siete ancora soddisfatte e volete un altro breve assaggio di sport dal mio punto di vista, vi suggerisco di andare a leggere qui:https://storiecorrenti.com/si-vede-che-lei-fa-sport-che-fa-corre/

Ringrazio ancora il blog Storiecorrenti per avermi ospitata e, anche se mi sono sentita una pulce atrofica tra tutti gli sportivi che seguono il blog, mi ha fatto bene saltellare con loro, almeno virtualmente.

In copertina foto di Karolina Grabowska, Pexels

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Cinquantennials

Sei donne, amiche, colleghe, compagne di avventura e di sventura in un momento ahimè difficile per molte. Viaggiatrici, sognatrici, mamme, single, divorziate, sposate, siamo tutto questo e molto di più.